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Gli emiliani battono la Dea

Atalanta da apprezzare fino all’intervallo (2-0), poi tutti in vacanza e vincono gli emiliani. Dopo il minuto di silenzio per Nino Benvenuti, icona dello sport italiano, lo stadio si accende con le bandierine della Nord, il profilo di Bergamo Alta costruito con i cartoncini in tribuna Rinascimento e un bandierone nerazzurro in Sud. E fanno un bel baccano anche i tifosi del Parma, che alla fine si godranno l’impresa.

Per fortuna la retrocessione s’è decisa altrove (a Empoli, dove i padroni di casa sono franati in B), altrimenti chissà che polemiche. Si, perché contro il Parma – che, precisiamo bene, si sarebbe salvato anche perdendo a Bergamo – l’Atalanta ha giocato (bene) per un tempo, poi non è più rientrata dagli spogliatoi. Di giudicabile ci sarebbero solo i primi 47’: 2-0 con doppietta di Maldini. Poi la squadra, partita con diversi big a riposo (ma meno che dal Genoa, dove alla fine s’è vinto) ha evidenziato un calo di concentrazione comprensibile quanto vistoso. E l’inserimento dei titolari (Lookman, Ederson, Pasalic) non ha migliorato le cose. Così il Parma ha ribaltato la partita (0-3 la ripresa), rendendola ingiudicabile.

Se Maldini è questo, viva Maldini! Beh, se Maldini è questo, viva Maldini. Le sue qualità calcistiche erano note, il suo atteggiamento in campo sempre discutibile. Stavolta, invece, il ragazzo ha fatto la differenza. Di fronte a papà Paolo e mamma Arianna, Maldini ha segnato due gol in due minuti, il primo arrivando in spaccata su un cross dal fondo, il secondo in fotocopia al gol di Genova. Ha anche perso i soliti palloni che gioca con troppa leggerezza, ma lo si è visto più applicato del solito. E, soprattutto, è stato interessante vederlo nel suo ruolo e non da centravanti, dove Gasperini l’ha quasi sempre proposto. Lì, da punta esterna, da trequartista che gioca largo per rientrare faccia alla porta a cercare il tiro, un Maldini con lo spirito «da Atalanta» ci potrebbe anche dare una mano in futuro. Il saluto finale dello stadio (rivali compresi) a Rafa Toloi è stato una delle cose più belle di tutta l’annata. Il difensore italo-brasiliano si è congedato dall’Atalanta dopo 10 stagioni e 313 partite da nerazzurro (6° di sempre), 253 delle quali in Serie A (4° di sempre). Toloi, 35 anni il prossimo ottobre, è arrivato a Bergamo nel 2015, l’anno prima di Gasperini, ha esordito da titolare segnando di testa a Empoli (1-0) ed è diventato il primo terzino-centrocampista del calcio italiano. Ma, soprattutto, Rafa Toloi si è comportato – ogni giorno, per dieci anni – in modo irreprensibile. Pochi hanno meritato quanto lui un saluto così emozionante. In patria potrebbe giocare un altro anno, poi sarà l’ambasciatore dell’Atalanta in Brasile.

Gli Azzurri retrocessi in serie B

La sconfitta per 2-1 contro l’Hellas Verona condanna gli uomini di D’Aversa alla retrocessione in Serie B assieme al Venezia: si salvano, invece, Lecce e Parma. Le reti decisive per il successo degli scaligeri portano la firma di Serdar e Bradaric: il gol del momentaneo pareggio dei toscani era stato realizzato da Fazzini. L’Hellas Verona vendica così il 4-1 subito all’andata e chiude il proprio campionato al quattordicesimo posto. La serata dell’Empoli prende immediatamente una brutta piega dopo appena quattro minuti di gioco. Dal limite dell’area, infatti, Serdar riceve palla da Duda e scarica un preciso destro all’angolino che vale l’1-0 del Verona. Anche a causa dell’iniziale vantaggio del Venezia (poi rimontato dalla Juve), sul Castellani cala il silenzio. L’Empoli non ci sta e reagisce con grande determinazione, schiacciando per lunghi tratti gli ospiti nella propria trequarti. Gli assalti dei toscani crescono di pericolosità sul finale di frazione, quando Fazzini con una conclusione dalla distanza impegna Perilli, in campo al posto dell’infortunato Montipo.

La rete del pari è però nell’aria e viene realizzata proprio da Fazzini, voglioso di prendersi la squadra sulle proprie spalle: dopo la risposta di Perilli sul colpo di testa di Esposito, il numero dieci dell’Empoli arriva per primo sulla sfera e la devia in rete. Anche nella ripresa si gioca quasi solo nella metacampo del Verona, ma i padroni di casa faticano a creare occasioni nitide da gol. D’Aversa allora prova ad aumentare il peso del proprio attacco, inserendo Colombo e Anjorin. Al primo affondo del secondo tempo, però, il Verona con cinismo si riporta in vantaggio. La rete del 2-1 porta la firma di Bradaric che, di testa, capitalizza al meglio l’assist al bacio di Tchatchoua. Un Empoli disperato si riversa nuovamente all’attacco, esponendosi alle ripartenze degli scaligeri, pericolosi in velocità con Mosquera e Livramento. Al 91′ ancora Fazzini prova a salvare la baracca, sfiorando il gol su punizione. Il finale è dunque amaro per l’Empoli che torna in B dopo aver vinto due sole partite nel girone di ritorno. L’ex Zanetti salva così il Verona, sgambettando la sua ex squadra.

Il Verona la sblocca già al 3’: calcio d’angolo battuto da Duda, Djuric vince il duello con Walukiewicz e impatta di testa, con la palla che sbatte sulla traversa e poi cade oltre la linea di porta. Al 58’ arriva il raddoppio con il solito Ngonge, che punta Cacace, va sul sinistro e punisce Caprile anche grazie ad una deviazione. Il match a quel punto sembra chiuso, ma l’Empoli non molla e al 65’ Bereszynzki pesca in area Zurkowski, che con un bel colpo di testa inaugura nel migliore dei modi la sua seconda vita in azzurro. I toscani ci provano fino alla fine e sfiorano il pari con Gyasi e Luperto, ma non c’è niente da fare. Il Verona (in 10 dall’88’ per il rosso a Duda) vince la sua seconda partita nelle ultime 18 giocate in A, l’Empoli perde la quarta nelle ultime 5 e resta penultimo.

I Partenopei vincono lo Scudetto

Il Napoli vince lo scudetto grazie alla partita decisiva, quella in casa contro il Cagliari, che termina 2-0. McTominay sblocca il match e scaccia la paura con una prodezza in rovesciata, Lukaku spegne le speranze dell’Inter nel secondo tempo. I partenopei conquistano il quarto tricolore della loro storia. Da una parte, la formazione guidata da Antonio Conte imbattuta da undici giornate di campionato e reduce dal secondo pareggio consecutivo colto sul campo del Parma (0-0). Dall’altro lato, invece, gli uomini di Davide Nicola freschi di salvezza raggiunta grazie al successo in goleada strappato ai danni del Venezia (3-0) dopo due sconfitte consecutive.

Gli uomini di Antonio Conte, consapevoli dell’importanza del momento, iniziano con grande determinazione, schiacciando il Cagliari nella propria metà campo. Dopo diverse occasioni non concretizzate, tra cui quelle di Politano, Rrahmani, Lukaku e Spinazzola, è proprio McTominay a rompere l’equilibrio con un gol da antologia. L’assist è di Politano, il gesto tecnico è da urlo: una semirovesciata potente e precisa, che fa esplodere il Maradona. È la rete che indirizza lo scudetto e che conferma ancora una volta l’importanza del centrocampista scozzese nella macchina perfetta costruita da Conte. A inizio ripresa arriva il colpo del KO firmato Lukaku. Servito dalle retrovie, il numero 90 parte dalla trequarti, supera Mina con un tunnel e batte Sherri con una conclusione chirurgica. Il resto della partita è pura attesa del fischio finale. Il Napoli amministra, il Cagliari abbozza una timida reazione ma senza mai impensierire realmente. Quando l’arbitro decreta la fine, può finalmente partire la festa: il Napoli è campione d’Italia, e lo fa ancora una volta alla maniera di Antonio Conte.

La partita con il Cagliari è agonismo e tattica in un grande spettacolo nella cornice del calore dei tifosi napoletani in cui gli attori protagonisti, oltre ai calciatori in campo sono i 55 mila tifosi assiepati sugli spalti del Maradona. E la partita fila via liscia, anche se nel primo tempo, con l’Inter in vantaggio a Como e con gli azzurri che non riescono a sbloccare il risultato, qualche fantasma maligno si affaccia sul terreno di gioco del Maradona. Ma al 41′ ci pensa l’uomo del destino, Scott McTominay che su traversone da destra di Politano inventa una sforbiciata che manda il pallone alle spalle di Sherri. Alla squadra di Conte, tornata capolista in un avvincente sorpasso e controsorpasso con l’Inter, non resta che completare l’opera, allargando il vantaggio per evitare che il ‘corto muso’ che ha caratterizzato spesso in questa stagione le prestazioni della squadra, comporti un secondo tempo vissuto tra sofferenze e stati di ansia. E al 5′ della ripresa ci pensa Lukaku a mettere a segno il gol della sicurezza. Il belga parte dalla distanza in solitaria, resiste all’attacco di Adopo e Mina, entra in area di rigore e insacca con un rasoterra in diagonale. D’altro canto tutta la preparazione della gara, in settimana, era stata puntata sull’atteggiamento da tenere in campo, sullo sforzo da fare per non dare tregua a spazio al Cagliari e portare a casa una vittoria che, indipendentemente dal risultato dell’Inter impegnata a Como, potesse dare la certezza del titolo. Tutto è finalizzato alla grande conquista, il quarto scudetto della storia, agguantato dal Napoli al termine di uno dei tornei più appassionanti e logoranti degli ultimi anni. Il Maradona da quel momento diventa uno spettacolo nello spettacolo. In una sarabanda di suoni e di colori, la partita continua nell’attesa generale del fischio di chiusura dell’arbitro. Il Napoli nasconde il pallone e gestisce il prezioso vantaggio, facendo scorrere i minuti che separano la squadra e tutta la città dalla conquista del quarto scudetto. La partita finisce e subito dopo comincia la festa.

La Magica conclude la stagione in bellezza

Il club giallorosso conclude con il risultato di 2-0 contro il Torino ma chiude al quinto posto a un punto dalla Juventus e si qualifica per la prossima Europa League. A Ranieri non riesce per un soffio il miracolo di riportare i giallorossi in Champions League nella sua ultima panchina in carriera da allenatore. All’Olimpico grande Torino, i capitolini sbloccano il match al 18′ grazie a un rigore di Paredes concesso per fallo di Dembelé su Saelemaekers. Il Torino non riesce a reagire e a inizio ripresa l’esterno belga sigla il raddoppio con un bel colpo di testa su pennellata di Soulè (53′). L’argentino sfiora il tris con un sinistro a giro che colpisce la parte alta della traversa (65′). I tifosi granata contestano il presidente Urbano Cairo: il Toro chiude al 12° posto un campionato anonimo.

La partita con il Toro si è messa subito in discesa e al 18′ era praticamente finita, grazie al rigore di Paredes concesso da Di Bello per un pestone ingenuo di Dembelé su Saelemaekers. Freddo l’argentino dal dischetto con un destro fortissimo solo intuito da Milinkovic-Savic. Ranieri ha sorpreso Vanoli schierando i suoi con il 4-3-3, ma sono state le motivazioni a fare la differenza, con i granata contestati e con la testa già in vacanza. Così in pratica si è giocato a un porta sola e il raddoppio di testa di Saelemaekers a inizio ripresa è stato il giusto premio per la netta supremazia della Roma. Solo la traversa ha negato a Soulè al 65′ il tris, prima di un finale che è stato poco più di un allenamento. I tifosi della Roma possono consolarsi con i cugini della Lazio fuori dall’Europa, quelli del Toro invece hanno subito anche la beffa della qualificazione in Champions della Juve, sigillo su una stagione che era partita bene ma che si è chiusa in maniera davvero anonima.

Ranieri chiude la sua straordinaria carriera da allenatore davanti alla Lazio che rimane senza Coppe e con un piazzamento in Europa quasi miracoloso. Frutto del grande lavoro e di un percorso davvero notevole, visto che nelle ultime 22 partite i capitolini hanno collezionato 53 punti, recuperandone la bellezza di 11 proprio a quella Juve che alla fine l’ha spuntata per un solo misero punticino. Non sarà Champions, è vero, ma il miracolo rimane. Dopo una prima parte di stagione catastrofica, la Roma completa la sua rimonta a Torino, sfiorando il quarto posto, ma prendendosi l’Europa League con il 2 a 0, legittimo, ai granata.

Gli Azzurri portano a casa i 3 punti

Vittoria di una pesantezza incredibile per l’Empoli, che vince per 1-3 sul campo del Monza già retrocesso. I toscani di mister D’Aversa riescono ad avere la meglio sui brianzoli di Nesta all’U-Power Stadium di Monza la sera di domenica 18 maggio 2025, gara valida per la 37^ e penultima giornata di Serie A. Se da un lato i biancorossi sono già spacciati da tempo, dall’altro non è ancora detta l’ultima parola per gli azzurri. L’Empoli lotterà per non retrocedere fino all’ultimo secondo insieme alle dirette concorrenti: dal Verona al Parma, dal Lecce al Venezia.

L’Empoli parte forte e si fa subito vedere in avanti con la qualità di Fazzini e gli inserimenti di Gyasi e Cacace. Un po’ a sorpresa però, la prima squadra a passare in vantaggio è il Monza con Birindelli alla mezz’ora: palla filtrante di Caprari e il laterale è bravo sotto porta a superare Vasquez. Il primo tempo termina quindi con i padroni di casa avanti di un gol. La ripresa si apre con due cambi tra le fila degli empolesi. D’Aversa lascia negli spogliatoi Marianucci e Henderson mandando in campo al loro posto Goglichidze e Colombo. Proprio l’attaccante si presenta nel match con una grandissima conclusione dopo pochi secondi di gioco, cogliendo in pieno la traversa. Non passano neanche cinque minuti di gioco che l’Empoli trova il pareggio, proprio con Colombo: l’attaccante controlla un cross rasoterra di Fazzini, si gira in pochissimo spazio e calcia a rete, senza lasciare scampo a Pizzignacco. Il gol realizzato galvanizza l’Empoli che al 52′ riesce addirittura a ribaltare la partita: calcio d’angolo battuto da Cacace, Viti taglia sul primo palo, anticipando tutti e trovando la sua prima rete con la maglia dei toscani. Al 59′ arriva anche la terza rete dell’Empoli: lancio in profondità per Gyasi, l’esterno si libera della marcatura di Akpa Akpro e calcia in porta, la sfera va a sbattere sul palo per poi carambolare sulla schiena di Pizzignacco e finire lentamente oltre la linea di porta. La partita si chiude con gli ospiti che mantengono ancora vivissime le proprie speranze di salvezza, il Monza saluta invece il proprio pubblico con l’ennesima delusione stagionale.

Il Monza – già retrocesso – resta senza vittorie casalinghe sotto la guida di Nesta, mentre l’Empoli ha il destino nelle proprie mani, all’interno di una bagarre salvezza che comprende anche Parma, Hellas Verona, Lecce e Venezia.

Un punto per i partenopei

Al Tardini finisce zero a zero, l’ex nerazzurro Chivu applica la par condicio: ad aprile i crociati avevano fermato l’Inter, ora è toccato al Napoli. Ma il segno X ha il sapore di una vittoria per Conte e i suoi che restano a più uno sui nerazzurri.

Vivace l’avvio di gara: il Parma non ha paura e prova a ripartire in velocità con Bonny, che crea due occasioni ma in entrambi i casi calcia debole. Sull’altro fronte Lukaku fa a sportellate con Leoni, Politano è il più brillante: accelera e si accentra, Suzuki para sicuro un tiro dal limite. Regna l’equilibrio ma la partita si infiamma alla mezz’ora: Sohm costringe Meret alla deviazione in angolo con una botta da fuori. Due minuti più tardi Anguissa si libera in area con un “sombrero” di Leoni e conclude d’esterno destro al volo colpendo il palo a portiere battuto. Gli ospiti aumentano la pressione, il possesso palla sfiora il 70%, ma il Parma si difende con ordine, senza concedere altre occasioni. Nell’intervallo dal Meazza non arrivano buone notizie, l’Inter è in vantaggio sulla Lazio ma Conte non cambia. Dopo meno di un minuto Sohm prova a sorprendere Meret con un gran tiro da trenta metri: il portiere mette in angolo. Dopo un pallido inizio di ripresa, il Napoli aumenta il ritmo e inizia a spingere: al 12′ Politano pizzica la parte alta della traversa con un tiro cross. I ducali faticano ad uscire dalla loro metà campo e perdono Leoni per infortunio: il giovane centrale (classe 2006) fino a quel momento aveva annullato Lukaku. Da bordo campo il tecnico degli azzurri detta ogni singolo passaggio di una manovra che resta molto elaborata e passa al 4-3-3, cambiando due pedine: dentro Billing e Neres, serve uno che salti l’uomo. Al 26′ terzo legno colpito dal Napoli: la punizione di Mc Tominay viene deviata da Suzuki sulla traversa con un grande intervento. Chivu inserisce Bernabè, al rientro da un infortunio, per provare a tenere un po’ il pallone. L’Inter segna un nuovo vantaggio, il settore ospiti si zittisce, il Napoli tenta il tutto per tutto: entrano Simeone per uno spento Lukaku e Ngonge per Politano. Si giocano due partite in una: pareggia la Lazio a San Siro, la panchina di Conte festeggia. Scoppia un rissa, volano parole grosse: espulsi entrambi i tecnici. Non si gioca più, il Napoli attende il risultato di Milano, il Parma però si scopre e Lovik sgambetta Neres in area: Doveri concede il rigore ma il Var lo cancella per un fallo su Circati a metà campo. Il pari non era il risultato sognato alla vigilia, ma al fischio finale esultano comunque i 3.500 del settore ospiti del Tardini.

Manca solo l’ultima gara in programma al Maradona: arriva il Cagliari, il Napoli ha il destino nelle sue mani a novanta minuti dal traguardo, mai così vicino. Il Parma invece dovrà guadagnarsi la salvezza all’ultima giornata, in trasferta a Bergamo.

La Magica torna alla vittoria e rossoneri KO

Il Milan cade ancora all’Olimpico, ma questa volta contro la squadra giallorossa. I rossoneri restano in 10 dopo 20 minuti per la follia di Santiago Gimenez, la riprendono con Joao Felix e poi vengono affossati da Paredes e Cristante nella seconda parte. Le pagelle del Milan in un altro disastroso scontro diretto.

La Roma parte subito aggressiva e al 3′ passa in vantaggio con un preciso colpo di testa di Gianluca Mancini su calcio d’angolo battuto da Matías Soulé. La situazione si complica ulteriormente per gli ospiti quando, al 21′, il Milan resta in dieci uomini per l’espulsione diretta di Santiago Giménez, colpevole di una gomitata a Mancini. Nonostante l’inferiorità numerica, i rossoneri trovano il pareggio al 39′ con João Félix, che approfitta di una respinta corta di Svilar su conclusione di Alex Jiménez.
Nella ripresa, la Roma riprende il controllo del match e torna avanti al 58′ grazie a una punizione magistrale di Leandro Paredes. All’87’, Bryan Cristante mette il sigillo sulla vittoria con un potente tiro dal limite dell’area, fissando il risultato finale sul 3-1.

Con questa importante vittoria, la Roma sale a 66 punti, posizionandosi a una sola lunghezza dal quarto posto occupato dalla Juventus. Nell’ultima decisiva giornata, i giallorossi affronteranno il Torino in trasferta. Il Milan, fermo a 60 punti, ospiterà il Monza nel finale di campionato, ma è ormai matematicamente escluso dalle competizioni europee per la prossima stagione, un epilogo inaspettato per i rossoneri.

Tre punti d’oro per gli Azzurri

L’Empoli riassapora il gusto della vittoria, con risultato finale di 2 – 1, e torna a sperare nella salvezza. Lo fa nel giorno più importante, quello dello scontro diretto con il Parma, costringendo i ducali a rimandare la festa per la permanenza in A. Tre punti pesantissimi per gli azzurri che, almeno per una sera, rimettono la testa fuori dalla zona retrocessione salendo a +1 sul Lecce, impegnato domenica a Verona, e a +2 sul Venezia che lunedì ospiterà la Fiorentina.

Gara tesa al Castellani. I padroni di casa hanno subito premuto sull’acceleratore e all’11’ Fazzini, sugli sviluppi di un angolo, ha trovato la conclusione vincente per il vantaggio toscano. La risposta dei ducali è arrivata immediatamente con Pellegrino che ha sfiorato il pareggio con un colpo di testa di poco a lato. Al 32′ la gara per gli ospiti si è messa ancor di più in salita a causa dell’espulsione di Valenti per doppia ammonizione. L’Empoli ha preso coraggio e ha sfiorato il raddoppio in avvio di secondo tempo con una girata improvvisa dal limite di Henderson che Suzuki ha deviato d’angolo.

Chivu ha deciso di dare una scossa solo a metà ripresa inserendo Camara, Hernani e Djuric e i cambi gli hanno dato ragione. La presenza in area di Djuric ha dato maggiori alternative al Parma che al 73′ ha pareggiato: un colpo di testa dell’ex Monza su punizione non è stato deviato da nessuno, il mancato intervento di Bonny da due passi ha disorientato Vasquez che ha visto il pallone sfilare lentamente in rete. L’Empoli ha impiegato qualche minuto a rialzarsi ma grazie un jolly del subentrato Anjorin, in forte dubbio alla vigilia per un problema muscolare, ha trovato il gol-vittoria all’86’: sulla sponda di Konate, l’inglese si è inventato una conclusione a giro dalla distanza, imparabile per Suzuki. La sconfitta del Parma non fa piacere neppure al Napoli capolista che, in questo modo, a prescindere dagli altri risultati, domenica prossima si troverà davanti un avversario sicuramente determinato a conquistare i punti della sicurezza. Avanti dopo appena 11’ con Fazzini e in superiorità numerica dal 32’ per l’espulsione di Valenti, gli uomini di D’Aversa hanno rischiato non poco di complicarsi la vita. Si sono fatti riprendere al 73’ da Djuric e solo grazie a un gran gol del subentrato Anjorin a 4’ dalla fine sono riusciti a centrare l’obiettivo prefissosi alla vigilia.

La Dea conquista 3 punti importanti contro la Magica

L’Atalanta supera 2-1 la Roma, e mette al sicuro il terzo posto. Fanno festa i nerazzurri per la quinta qualificazione nell’Europa che conta in sette stagioni. Cadono i giallorossi di Ranieri, dopo un filotto di 19 partite senza sconfitte. Primo tempo ricco di emozioni e di palle gol. Parte meglio la Dea, al 9′ sblocca il match un incontenibile Ademola Lookman. I nerazzurri dominano e sprecano un paio di occasioni clamorose con De Ketelaere e Retegui. La Roma barcolla poi alla prima occasione trova il pari grazie al colpo di testa dell’ex Bryan Cristante. Nella ripresa rompe l’equilibrio il gol del neo entrato Ibrahim Sulemana. Una vittoria che significa qualificazione Champions per l’Atalanta, che sale a 71 punti. La Roma resta a quota 63, una lunghezza dietro la coppia Juventus e Lazio. Per il quarto posto saranno decisive le ultime due giornate. Prossimo turno: Roma-Milan, Juve-Udinese e Inter-Lazio.

Si parte subito a ritmi elevati. Cross teso dalla sinistra di Kossounou, non ci arriva per un soffio sul secondo palo De Ketelaere. Immediata la risposta della Roma. Cristante calcia di potenza da fuori, para con i pugni Carnesecchi. Al 9′ la Dea passa in vantaggio. Percussione centrale di De Ketelaere e servizio per Lookman, che si gira sul destro e lascia partite un destro angolato sul quale non può arrivare Svilar. I nerazzurri prendono il sopravvento e dopo pochi minuti sfiorano il raddoppio. Imbucata di Lookman per Ederson, la sua conclusione termina alta. Al 18′ si rivede la Roma. Dovbyk trova Koné in mezzo all’area, che tira a rete. Decisiva la deviazione di Pasalic. La squadra di Gasperini alza il ritmo. Stavolta è De Ketelaere a spedire fuori con la porta mezza spalancata. I giallorossi barcollano. Al 23′ grande doppia occasione dell’Atalanta. Svilar fa un miracolo su De Ketelaere, l’azione prosegue e sulla ribattuta Retegui spara altissimo. A sorpresa arriva il pareggio della Roma. Al 32′ cross al bacio di Soulé per la girata di testa vincente di Cristante. I giallorossi prendono coraggio, la Dea accusa il colpo. Proprio allo scadere, Soulé riparte in velocità e serve Shomudorov. Sul pallone a rimorchio dell’uzbeko, sbaglia il controllo Koné, che non riesce ad agganciare.

Nella ripresa arriva la reazione dell’Atalanta. Al 55′ bella iniziativa sulla destra di Bellanova, che converge al centro e prova la conclusione. Palla fuori di poco. La Roma sempre sorniona in ripartenza si affida all’estro di Soulé. Al 63′ Pasalic stende in area Koné, poi ci ripensa all’on field review: troppo lieve il contatto tra i due. Inizia la girandola dei cambi, entrano Sulemana e Samardzic per Pasalic e De Ketelaere. Al 74′ Lookman si mette in proprio, semina un paio di avversari e prova il tiro a giro, fuori di poco. Al 77′ l’Atalanta passa in vantaggio, ancora Lookman scappa via sulla sinistra e mette al centro. Sulla traiettoria arriva l’accorrente Sulemana, che trova il pertugio giusto superando Svilar. Ranieri le prova tutte e manda in campo Baldanzi ed El Shaarawy. Gli assalti giallorossi restano però vani. Sull’ultima azione viene avanti anche Svilar ma non succede più nulla. Dopo cinque minuti arriva il triplice fischio finale di Sozza.

Il Napoli a un solo punto di vantaggio dai nerazzurri

Il Napoli si perde sul più bello, divorato dalla pressione che l’Inter gli carica sulle spalle fragili. Lo scudetto è ancora tutto da giocare negli ultimi centottanta minuti di passione. Due volte in vantaggio e due volte raggiunto.

Ma il vantaggio, ridotto a un punto soltanto, non può rassicurare Conte. La sua squadra, dopo quattro vittorie consecutive, si ferma contro il Genoa, generoso, determinato, sempre in partita, ma reduce da tre sconfitte di fila e all’apparenza senza niente da chiedere al proprio campionato. E invece succede quello che non ti aspetti. L’applauso dei 55 mila del Maradona ai propri beniamini feriti è la testimonianza che niente è perduto e che la lotta continua. Però il Napoli si sta incartando. Non ha il ritmo, l’intensità e neppure la freddezza necessarie a vincere questa gara complicata. Lukaku nel primo tempo e Raspadori nel secondo illudono Fuorigrotta. Il Genoa rimonta sempre, prima grazie alla rocambolesca autorete di Meret e a cinque minuti dalla fine con l’incornata spietata di Vasquez, un difensore. Il Napoli ha tante mancanze. Gioca lento, gioca piano, si fa infilare due volte al Maradona come non succedeva da novembre, nonostante la difesa sia ancora la migliore della serie A. L’ingenuità sostituisce il cinismo che serve in momenti così. Ora serve rialzarsi e andare avanti. Gli azzurri sono ancora padroni del loro destino, ma tra la trasferta di Parma e l’ultima in casa con il Cagliari non possono più permettersi passi falsi. L’Inter è come un falco, pronto a saltare addosso ai contiani.

Una notte lunga, difficile, tormentata. La tredicesima rete di Lukaku, che si libera di Vasquez con troppa facilità e infila l’esordiente Siegrist, accende il Maradona e cancella l’urlo di delusione per l’infortunio di Lobotka, capitato quattro minuti prima. Ma quando la strada sembra in discesa, la squadra di Conte si perde, si allunga, si complica la vita. Mancano l’intensità e la voglia di rischiare l’uno contro uno. Il Genoa si ribella al ruolo di vittima sacrificale. E la rete subita, con grave disattenzione difensiva, forse illude la capolista. La squadra di Vieira ha idee chiare, voglia di stupire ed è libera di testa: corre, lotta, pressa, affonda negli spazi soprattutto grazie alle giocate chirurgiche del ritrovato Messias. Pinamonti, di testa in anticipo su Olivera, colpisce la traversa, ma neppure lo scampato pericolo sveglia il Napoli, che nel giro di due minuti viene raggiunto. Sempre Messias crossa un pallone morbido, che trova Ahanor libero e indisturbato in area. Meret devia il pallone sul palo e con la gamba nella propria porta. Una carambola che gela lo stadio. Il Napoli non si riprende facilmente. McTominay, che aveva servito a Lukaku l’assist del vantaggio si muove moltissimo, partendo da sinistra e accentrandosi quando Raspadori, che gira intorno a Romelu, gli lascia lo spazio per inserirsi. Ma gli azzurri sono frenati, impauriti, ansiosi. Nel secondo tempo il Napoli aumenta la spinta. E quando Raspadori, ancora decisivo come a Lecce, 6 gol con appena nove partite da titolare, sfrutta l’imbucata magistrale di McTominay, Conte ha un sussulto e scatta fuori dalla panchina. Sembra fatta. Non lo è. L’allenatore, forse intuendo il pericolo, si copre togliendo Raspa per inserire Billing. Ma proprio l’ultimo arrivato, insieme a Olivera, si perde Vasquez nell’azione decisiva. Cala il silenzio. Il Napoli è primo. Ma lo scudetto è tutto da giocare. E Conte ha già sprecato il bonus. Ora deve solo vincere.

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